Il progetto Overlook Hotel esplicita la personale relazione tra coreografia e linguaggio cinematografico, da sempre cara alla compagnia. Con il titolo Camera 2046 si evoca il numero della stanza in cui si incontrano i protagonisti del film In the mood for love di Wong Kar Wai. Una figura femminile nell’intimità di un luogo confortevole. Una figura dal volto celato appare e si dissolve. Un personaggio superficialmente quotidiano anima e perturba lo spazio con la sua presenza e le sue azioni, usando le luci e le ombre come spostamento del peso dello spazio, evocando intimità quotidiane e astrazioni, sollecitando l’immaginario e l’uso delle ombre nelle filmografie asiatiche horror e lo sbordare delle figure dalle campiture dei quadri di Francis Bacon. L’ordine temporale delle azioni evocherà il disordine del ricordo.
Progetto: gruppo nanou | Coreografie: Marco Valerio Amico, Rhuena Bracci | Con: Marina Bertoni | Con il sostegno di: Teatro Akropolis, Masque Teatro
Nato come spazio di confronto delle visioni artistiche di Marco Valerio Amico, Rhuena Bracci e Roberto Rettura, gruppo nanounasce nel 2004 diventando luogo dove corpo, suono e immagine trovano un linguaggio comune nella coreografia, dando vita ad un’opera organica. Dal 2019 l’immaginario sonoro è affidato al musicista Bruno Dorella. Negli anni la compagnia ha attraversano piazze importanti quali Fabbrica Europa, Santarcangelo Festival, Drodesera, Les Brigittines (Belgium), Unidram (Germany), Nu Dance Fest (Slovensko), La MaMa ETC (New York City, USA).
In residenza a Teatro Akropolis a marzo 2025.
Ph. Luca Donatiello e Ginevra Mangano
DIARIO DI BORDO | Residenze 2025 a cura di Letizia Chiarlone (Oca Critica)
Dopo redrum, gruppo nanou si confronta nuovamente con l’immaginario cinematografico in Camera 2046, all’interno di una riflessione più ampia, una trilogia per l’esattezza, che porta il titolo di Overlook Hotel, sulla scia dell’opera di Stephen King. Camera 2046 contiene in sé, sublimato in forma citazionistica, un riferimento al film di Wong Kar-wai, In the mood for love, e alla stanza d’hotel dove i due protagonisti si incontrano.
Dal soffitto pende un telo la cui massa si addensa sul tappeto nero come una cascata argentea. In sottofondo, un crepitio che ricorda il rumore della legna quando viene mangiata dalle fiamme o il rumore statico di un vinile che ha finito di girare. Marina Bertoni sbuca di lato, dall’oscurità che la inghiottiva, prendendo forma sotto il fascio di luci che si fanno prima calde, poi fredde, una figura in gonna e calzini bianchi. I follow you, canzone di Lykke Li, risuona distorta nell’aria, mentre la performer si avvinghia al telo, lo trascina, finendo per esserne inglobata, come una crisalide racchiusa nel suo bozzolo.
You’re my river running high
Avvolta nelle spire di questo serpente di tessuto, si dimena, cerca di sfuggirvi, pur ritrovandosi ad affondare nelle sue pieghe.
Run deep, run wild
Tanto arioso e leggero appare quel velo, quanto pesante e soffocante nel modo in cui si attorciglia intorno a Marina, che lo muove, lo sposta, lo tira su e lo spinge giù. L’ambiente al tempo stesso accogliente ed estraneo della camera d’albergo crea uno spazio liminale con cui il corpo della danzatrice si pone in un rapporto di riflessione, creando un’apertura al di là di ciò che viene catturato dallo sguardo. In quel buio dove la performer scompare a tratti, si allude a una realtà altra, irraggiungibile ma esplorabile, come in un quadro di Hopper. Le ombre si allungano, si fondono l’una con l’altra, si sgranano, e così la figura di Marina, che risulta impossibile mettere a fuoco per più di qualche attimo. Il corpo si disfa e, nel momento in cui viene avvolto dal telo, i suoi contorni si sfaldano, si riversano in quel mare argenteo dove risulta quasi impossibile distinguere tra la persona e l’elemento scenografico.
La defocalizzazione si combina alla centralizzazione sfasata, che vede l’oggetto chiave della performance, il telo, spostato interamente sul lato sinistro dello spazio, girato di novanta gradi. Sfidando i limiti spaziali e temporali della scatola scenica e della fruizione frontale, gruppo nanou spinge lo spettatore a completare con la sua immaginazione quelle suggestioni che ha potuto soltanto spiare dal buco della serratura della Camera 2046.
