FUGA è una performance basata sulla corsa, che diventa metafora di una paradossale condizione esistenziale: quella di chi si muove pur restando fermo, in fuga da sé e dalle proprie contingenze, in cerca di un benessere sempre a venire. Una sessione di allenamento su tapis roulant è l’occasione per una deriva immaginale, su sonorità provenienti dalla musica barocca e dal mondo dell’intrattenimento, capace di riscrivere il senso stesso della pratica sportiva. Con questo progetto il duo artistico Palermo/Petrosino continua la propria ricerca sulla natura dell’atto performativo a partire dal quotidiano, dando vita a una coreografia minima del gesto concreto, al confine tra realtà e finzione.
Una performance di: Gaetano Palermo e Michele Petrosino | Performer: Michele Petrosino | Sound design: Filippo Lilli | Produzione: KLM | Con il supporto di: Spazio Mensa/Playtime/369gradi, I Fumi della Fornace – Rassegna Incolta /Congerie | Progetto finalista di DNAppunti Coreografici 2024
Gaetano Palermo e Michele Petrosino sono un duo artistico attivo tra le arti visive e le arti performative. La loro ricerca indaga l’ontologia del movimento a partire dalla stasi fino alla sua negazione. Il loro lavoro è stato presentato presso festival e istituzioni museali tra cui Biennale di Venezia, MAMbo di Bologna, Gender Bender Festival, Romaeuropa Festival. Dal 2023 il duo è sostenuto dall’organismo di produzione nazionale della danza KLm – Kinkaleri, Le Supplici, mk.
In residenza a Teatro Akropolis a marzo 2025.
Ph. Ginevra Mangano
DIARIO DI BORDO | Residenze 2025 a cura di Letizia Chiarlone (Oca Critica)
Presentato in anteprima alla Triennale di Milano, Fuga è lo studio più recente del duo artistico Palermo-Petrosino. Elemento centrale della performance è il tapis roulant, impiegato nella sua accezione più comune, ovvero come strumento ginnico per la corsa. La peculiarità performativa di questo accessorio sta nell’astrazione totale dell’oggetto dal suo contesto. Non sono, infatti, i rumori di una palestra, come il sottile brusio generato dagli altri macchinari o il chiacchiericcio delle persone intente ad allenarsi, a fare da sottofondo alla performance, ma una fuga di Bach.
Michele Petrosino sale così sul macchinario, cuffiette nelle orecchie, e comincia a scaldarsi, camminando piano, e poi sempre più velocemente, fino a raggiungere un ritmo sostenuto nella corsa. Pensato per una fruizione frontale, la tridimensionalità del performer, del suo corpo sotto sforzo e del macchinario si scontra con l’impressione bidimensionale data dalle luci orizzontali. I suoi occhi chiari saettano sugli spettatori, li osserva e li fa sentire osservati, in una drammaturgia di sguardi che vorrebbe afferrare colui che guarda per la collottola, obbligandolo ad essere presente e al tempo stesso permettendogli di entrare in uno stato di trance dato dalla cadenza ritmica dei passi sul tappeto in movimento. Il sudore comincia a imperlare la sua fronte, il fiato si fa pesante e affaticato, ma le note gloriose della fuga bachiana coprono i segni della fatica. Però, è uno sforzo in avanti, una tensione ad avanzare che non porta da nessuna parte e si annulla in sé stessa, disinnescata: è così messo in crisi il principio maschile attivo, che è legato a un’immagine di potenziale infinito, sempre teso verso un orizzonte di conquista ed espansione. La fuga verso qualcosa, o da qualcosa, si rivela così per ciò che è davvero, una corsa in tondo che sembra dilatarsi nel tempo e non porta nessun frutto, per cui non si raggiunge nulla e non si scappa da niente. Nella coreografia si fondono tanto gli elementi classici derivati dalla scatola teatrale quanto il concetto di presenza, caro alla performance, dal momento che Michele non pretende di essere diverso da sé stesso, ovvero, non è un attore che recita una parte, ma il suo vero io continua a emergere dal ruolo che ricopre.
Infine, sulle note di una marcia funebre gloriosa di Purcell, ha inizio il defaticamento, che vede il performer rallentare di più, sempre di più, fino a fermarsi e scendere dal tapis roulant. Si rompe così l’incantesimo ipnotico che teneva il pubblico sotto scacco e si celebra la fine di un ciclo, l’atto di fermarsi come momento di riappropriazione di sé stessi, di presa di coscienza. Fuori dalla spirale.
